Il cecubo (cecubum in latino) o vino serpe è un vino rosso molto antico, attualmente prodotto nella zona del Lazio con origini antichissime, tanto che il poeta Orazio nell'Ode I , 37 lo cita per invitare gli amici a festeggiare,danzare e a bere in occasione della morte di Cleopatra.
Prima,nel mentre la regina egizia tramava contro l'Impero,non era lecito portare fuori dalle cantine degli antenati questo pregiato vino. Nel momento in cui Cleopatra non rappresenta più una minaccia,ci si può deliziare del cecubo. Lo stesso Orazio sottolineava che con l'invecchiamento diviene più forte e dolce.
Il cecubo era originario dell'ager Caecubus, territorio che dall'attuale Formia si estendeva fino alle attuali Fondi e Terracina. Plinio in particolare elogia quello prodotto ad Amyclae, antica città prossima a Fondi, poiche’ qui le viti crescevano in un terreno palustre e venivano sposate ai pioppi e così lo classificava: "antea coecubum, postea falernum" ponendo questo vino ad un livello superiore del falerno, il famoso vino offerto da Trimalcione nella sua famosa cena nel Satyricon.
L’origine antichissima dell’uva serpe trova un convincente riscontro in Columella che, nel tratteggiare le varie specie di vitigni, già antichi per la sua epoca del I secolo dC., menziona l’esistenza di un’uva che dava un vino robusto e che veniva prodotta da un vitigno chiamato Dracontion, che, in greco, significa serpente. Columella, scrivendo in latino, ha fatto ricorso, per indicare questo vitigno, ad un termine in lingua greca, che era quella originaria degli antichi abitanti dell’antichissina città di Amyclae che sorgeva sul litorale tra Fondi e Sperlonga. (Virgilio ne fa risalire l’origine ai Laconi, provenienti dal Peloponneso, regione abitata dagli Spartani). Gli Amiclani piantarono sui colli di Itri la vite dell’uva serpe, anche come retaggio delle proprie credenze religiose.
Famosissimo divenne il Cecubo prodotto durante il consolato di Opimio nel 121 a.C.
A metà del I secolo dopo Cristo la produzione si ridusse alla sola regione di Fiuggi, perché Nerone aveva fatto costruire un canale e compiere opera di bonifica nella palude pontina distruggendo i vigneti.
Nei secoli la tradizione è rimasta tanto da parlare di un "Caecubus Ager" come mostra la mappa in basso del 1790.
Erede moderno di questo antichissimo vitigno è l'abbuoto: Vitigno a bacca rossa con grappolo di dimensioni medio-grandi e un acino dalla buccia spessa e pruinosa, l’Abbuoto è oggi ufficialmente inserito dalla Regione Lazio nella pubblicazione dell’A.R.S.I.A.L. delle “Varietà Locali Tutelate”.
Altri innovativi viticoltori hanno ripreso la gloriosa tradizione vivinicola nella zona tra Fondi e Itri, partendo dai rarissimi vigneti di vigneti di Abbuoto, come l'azienda agricola Monti Cecubi, che ha ottenuto il prestigioso riconoscimento della selezione VINITALY - 5 STAR WINES, che ha assegnato un lusinghiero 90/100.
Il cecubo moderno rimane un vino vigoroso che dà il meglio di sé in piatti robusti, come Il capretto cacio e uova, prodotto rustico, figlio di una economia pastorizia e silvestre.