Amyclae era una mitica citta', che secondo la tradizione era situata nella zona dei monti Aurunci e della piana di Fondi fondata da coloni greci, i Laconi.
Essi si fusero poi con gli abitanti locali, e il loro giovane re Camerte avrebbe combattuto contro Enea come alleato di Turno, venendo ucciso proprio dal capo troiano.
Nel decimo libro dell'Eneide Virgilio presenta Camerte come giovane e biondo figlio del rutulo Volcente, nonché potentissimo signore della città di Amyclae: Camerte è infatti, tra i vari sovrani italici menzionati nel poema, quello col regno dalla maggior estensione territoriale, il che giustificherebbe le dimensioni della città.
«Cras amet qui numquam amavit - quique amavit cras amet»
«Domani ama chi mai ha amato, e anche chi ha già amato, domani ama»
Virgilio riferisce che gli amyclani furono alleati di Roma nelle guerre puniche contribuendo solo con denaro e non con armati, e che C. Gaio Lucilio, (II secolo a.c.) poeta latino nativo di Suessa, l'odierna Sessa Aurunca, nelle Satire parla invece di Amyclae come di una città scomparsa nel II secolo a.c.
La leggenda narra che la città sarebbe stata abbandonata per un'invasione di serpenti, ovvero perché i suoi abitanti, legati ad una setta pitagorica votata al silenzio, si sarebbero rifiutati di dare l'allarme all'arrivo dei nemici e sarebbero quindi stati sterminati in un attacco. La città era scomparsa dal II secolo a.C.
Fin dal XVI secolo gli studiosi hanno cercato di individuare il regno di Camerte nella pianura presso la città di Fondi (prov. di Latina nel Lazio), nei suoi laghi o sommerso sotto di essi, arguendo che se fosse stata vera l'invasione di serpenti ad Amyclae, la ritenevano l'ambientazione geografica più adatta.
Gli studi più recenti fatti nella piana di Fondi sono quelli di Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli, i quali ritengono che l’antica Amyclae fondana fosse sul monte Pianara e non sulla costa. In seguito a minuziose ricerche in zona, hanno trovato e misurato mura che potrebbero essere quelle di un’antica città, apparentemente estesa per 33 ettari, e che potrebbe essere stata attiva tra il VI e IV secolo a. C.
Sulla cima del monte sono stati rinvenuti tratti di mura poligonali (dette anche ciclopiche)per circa 2,7 km e in alcuni tratti alte ancora fino a 4,5 m. Qui sono stati ritrovati e repertati frammenti di tegole, anfore, doli, stoviglie, e questi frammenti di vasellame recuperato hanno permesso di datarne la fattura (V-IV secolo a.c.) grazie al riscontro con altri reperti dalla forma simile caratterizzati in altre zone d’Italia.
Sembra poi che un violento terremoto si sia abbattuto sulla città si che un tratto della cinta muraria sarebbe sprofondato in una dolina carsica formatasi durante il sisma, mentre altri blocchi risulterebbero spostati rispetto all'origine dallo stesso evento.
Ma l’ipotesi Pianara non trova concordi gli studiosi. Alcuni ritengono la città trovata dai Quilici più piccola della mitica città ed dai rilievi sembra appartenere a popolazioni italiche locali, i Volsci ad esempio; inoltre, la tradizione antica parla di una città Amyclae fondata sulla costa e non sul monte. Porla su un monte significherebbe non tenere conto di quanto detto finora.Altri ancora sostengono che Amyclae potrebbe non essere mai esistita ed essere solo un’invenzione storiografica, cosa molto diffusa nella nostra penisola.
C’è però ancora un’ultima ipotesi, derivata da una frase di Pietro Arduino, botanico di Padova del XVIII secolo, in una nota a Plinio il Vecchio sui vini:.... "in litorale positae, hodie Sperlonga, unde sinui amyclano nomen".
La Sperlonga di oggi sarebbe dunque l' antica Amyclae, ma tutte le ricerche fatte nel borgo, che conserva la stupenda villa di Tiberio non danno indicazioni in questo senso, ci piace credere che l’affascinante leggenda di Amyclae abbia in essa la sua base storica che l’ha conservata, sebbene trasformata, fino ai nostri giorni.